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Verbania, un nome per 33 partigiani uccisi 80 anni fa

Festa nazionale del 25 aprile in Italia: al via il Progetto della Casa della Resistenza di Verbania e del laboratorio di antropologia e odontologia forense di Milano, che prevede anche esami del DNA

  • 25 aprile, 19:48
  • 25 aprile, 19:52
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Partigiani nelle strade di Milano, il 25 aprile del 1945, dopo la ritirata delle truppe tedesche e la caduta del regime repubblichino

  • archivio ansa
Di: RSI Info/Seidisera

Oggi, giovedì, in occasione della Festa nazionale del 25 aprile, a Verbania, i presunti parenti di 33 partigiani, uccisi 80 anni fa (e oggi ancora ignoti) sono invitati a presentarsi per sottoporsi all’esame del DNA e contribuire così a dare un nome ai combattenti che, con il loro sacrificio, contribuirono a liberare l’Italia settentrionale dai nazi-fascisti di Mussolini e Hitler. Il progetto, che unisce ricerca storica e scientifica, è portato avanti dalla Casa della Resistenza di Verbania e dal laboratorio di antropologia e odontologia forense di Milano.

“Lo zio Vasco era nato nel 1924. Era il primo figlio di mio nonno. Doveva firmare per partire per la Repubblica di Salò. Lui non vuole. Viene nascosto per un periodo dal mio bisnonno, ma resiste poco. Quindi rientra, firma e poi il giorno dopo parte per la montagna. Quello che sappiamo è che lui era nella divisione Val d’Ossola ed era stato registrato dal 5 aprile 1944 al 30 giugno del 1944. Probabilmente è caduto durante i rastrellamenti del giugno 1944”. Barbara Papini è la nipote di Vasco Papini, partigiano, il cui corpo non è mai stato identificato. La speranza di Barbara e che suo zio sia uno dei 33 cadaveri tumulati nei cimiteri di Verbania Pallanza e di Baveno, in Piemonte. Tombe sulle quali oggi è scritto solamente “ignoto”.

Un nome per quei partigiani

SEIDISERA 25.04.2024, 18:34

  • Keystone

Se a quei corpi verrà ridata un’identità, il merito sarà anche della Casa della Resistenza di Verbania che, come spiega lo storico Andrea Pozzetta, ha svolto un’articolata ricerca storica. “Siamo partiti dagli elenchi stilati alla fine della guerra, dalle stesse formazioni partigiane, elenchi che riportavano nomi di partigiani dispersi. Abbiamo cercato fotografie e documentazioni che potessero dare un’idea di tratti somatici, altezza, peso... e dove hanno combattuto, in che zone, in che periodo... Poi da lì abbiamo cercato di raggiungere i parenti. Abbiamo avuto familiari che hanno risposto con entusiamo. Altre famiglie invece, purtroppo, non si sono dimostrate interessate”.

Chi, come la famiglia di Papini, ha espresso il proprio interesse, è stato invitato a presentarsi oggi a Verbania per sottoporsi all’esame del DNA tramite tampone salivare. “Abbiamo incominciato a stendere tutte quelle peculiarità (dall’età, alla statura, alle particolarità) che possono servire alle identificazioni, attraverso accurate indagini radiologiche, antropologiche... E anche radiologiche, che includono anche una TAC con ricostruzione 3D - spiega Cristina Cattaneo, direttrice del Laboratorio di Antropologia e deontologia forense dell’Università di Milano che, nei mesi scorsi, ha già compiuto approfondimenti sui cadaveri - . Abbiamo iniziato anche a impostare le indagini chimiche, con le lesioni d’arma da fuoco per vedere il calibro dei proiettili, che tipo di munizioni sono state utilizzate... proprio per restituire queste persone ai familiari che ancora li cercano, per tentare di farlo, per tenere alta la memoria di questa identità. Queste persone si meritano che la loro storia non venga dimenticata”.

                

                

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