In occasione della “Giornata della memoria” torniamo a 80 anni fa, quando il 18 e il 19 ottobre del 1944 ai Bagni di Craveggia (adagiati sul fondovalle al confine tra la valle Vigezzo e l’alta Onsernone) ci fu uno scontro tra truppe neofasciste e partigiani in fuga dopo la caduta della Repubblica d’Ossola, che libera dal regime mussoliniano resistette per 40 giorni.
Ai partigiani -quel giorno quando erano incalzati dal distaccamento neo-fascista- fu spiegato come scivolare al riparo in Onsernone. Le guardie di confine svizzere si opposero poi alle pretese fasciste di estradizione immediata dei partigiani (“vivi, feriti o morti”) rifugiatisi in Ticino.
Il bilancio fu pesante: 12 feriti e 2 morti. Il 19enne ebreo Renzo Cohen, che morirà l’indomani all’ospedale La carità di Locarno, e Federico Marescotti (24 anni, di Milano), colpito in Ticino. I suoi funerali si tennero a Comologno, con un picchetto d’onere svizzero.
Tra i colpiti Adriano Bianchi, nome di battaglia Partigiano Bardi, che rimase zoppo per tutta la vita. Solo 50 anni più tardi riuscì a ripercorrere quei dolorosi momenti in un libro. “Quella prova contribuì ad accentuare in me la naturale propensione a sopravvalutare le componenti affettive di ogni rapporto, a far concepire l’odio come la massima espressione della stupidità e la bontà con il più alto livello dell’intelligenza, concorse a generare una grande debolezza: l’incapacità di sopportare l’ostilità preconcetta e il disamore” (Adriano Bianchi, Il Ponte di Falmenta, ed. Tararà)