Svizzera

Statuto S: i tempi si allungano

L’anno scorso l’esame durava un paio di settimane, in questo inizio di 2024 si è arrivati a quasi tre mesi - Più personale per trattare oltre 6’000 dossier pendenti - Aumentati anche i permessi negati

  • 26 aprile, 05:54
  • 26 aprile, 09:38
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Gli arrivi proseguono

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Di: SRF/pon

Fino a metà aprile sono 102’825 le domande di statuto S presentate in Svizzera da quando il Consiglio federale - era l’11 marzo del 2022 - decise di ricorrere a questo strumento per l’accoglienza della popolazione in fuga dall’Ucraina in guerra. Di queste 90’906 sono state accolte: l’88,4%, ma fino al novembre dello scorso anno non si era mai scesi sotto il 90%. Considerate le partenze avvenute nel frattempo, stando agli ultimi dati disponibili (fine marzo) erano 64’753 i permessi ancora in vigore.

Ancora nel 2023 i tempi di risposta da parte della Segreteria di Stato della migrazione erano rapidi - un paio di settimane - ma da qualche mese non è più così. Nonostante il fronte russo-ucraino da molti mesi si sia spostato in modo poco significativo, gli arrivi proseguono a un ritmo che da un anno è piuttosto costante (da 1’400 a 2’000 domande al mese), i dossier pendenti si accumulano sui tavoli dei funzionari della Confederazione e il tasso di respingimenti è aumentato.

“No” a chi ha già ricevuto protezione in un altro Paese

In gennaio è stato detto di “no” a un terzo dei richiedenti e anche se il tasso di risposte positive è tornato a salire in febbraio e in marzo, non ha raggiunto i livelli precedenti. Questa nuova inversione di tendenza e in generale le cifre di questi ultimi mesi, comunque, “non sono rappresentative”, stando alla portavoce Anne Cesard: “la volatilità è legata al piccolo numero di domande trattate”. La SEM ritiene che aumentando i dossier esaminati si assisterà alla stabilizzazione anche del tasso di bocciature.

Già dall’autunno, ha confermato la SEM a SRF, si constata che un numero crescente di persone inoltra una richiesta dopo aver già ottenuto protezione (ancora valida o scaduta) in un altro Paese. “Queste persone non ne ricevono in Svizzera”, ha detto la portavoce Magdalena Rast, confermando quanto già la Segreteria di Stato ci aveva fatto sapere due mesi fa: in occasione del secondo anniversario dall’inizio del conflitto, avevamo fatto il punto sulla situazione degli ucraini nella Confederazione.

Esame più complesso

La durata dell’esame si allunga di conseguenza, non solo per queste richieste secondarie. Fra le condizioni per l’ottenimento dello statuto, per esempio, c’è l’aver avuto residenza in Ucraina al momento dell’inizio del conflitto: “Le domande sono spesso depositate senza prova sufficiente di un domicilio in Ucraina prima del 24 febbraio 2022”, ci aveva detto la SEM il 16 febbraio e anche oggi conferma queste due spiegazioni principali. Riassumendo: “C’è un numero crescente di indizi che una parte dei richiedenti disponga già di uno statuto di protezione in un altro Paese o non vivesse in Ucraina quando la guerra è scoppiata”, così Anne Cesard. Le verifiche si fanno quindi più complesse e Magdalena Rast ai colleghi della radiotelevisione della Svizzera tedesca parla ora di un “enorme aumento del tempo necessario per trattare ogni caso”.

Se nei primi mesi dell’emergenza i funzionari riuscivano ad assorbire un numero di domande di molto superiore a quello attuale, in gennaio si era scesi a un rapporto di 1:5 e i dossier pendenti stanno aumentando in modo vertiginoso: in marzo erano più di 6’300 e i tempi per una risposta si sono dilatati fino a quasi tre mesi. Per la precisione, ci ha fatto sapere Anne Cesard, la durata media dell’esame di una domanda era di 15-20 giorni fino a settembre, poi ha cominciato a crescere fino a toccare in febbraio e marzo gli 80 giorni.

Aumentato il personale per trattare le domande

La Segreteria di Stato ha reagito aumentando il personale: 38 posti a tempo pieno sono dedicati all’elaborazione dei casi accumulati e “un nuovo potenziamento è previsto entro l’estate”, ha detto Rast a SRF.

È inoltre stato deciso un cambiamento organizzativo, il trattamento è stato concentrato nel centro federale di asilo di Berna. Misure che, numeri alla mano, sembrano aver dato qualche risultato: nelle ultime due settimane il gap che si era creato fra statuti richiesti e concessi sembra essersi richiuso.

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